martedì 2 febbraio 2016

Critica e autocritica: didattica socialista in una scuola cinese per giovani delinquenti. (1979)

Vi propongo alcuni aneddoti, molto significativi, riguardanti un centro di educazione sorvegliata (scuola per giovani delinquenti trai 13 e i 18 anni) situata nella Repubblica Popolare Cinese, risalenti alla fine degli anni ’70.
Ho tradotto dal francese dei brevi passaggi di un lungo dossier scritto da Zhou Zheng e apparso il 5 novembre 1979 sul numero 44 del settimanale Beijing Information.



“Gli è successo (ai docenti N.d.T.) di colpire i ragazzi, perché il comportamento di questi li esasperava. La scuola, però, non tollera assolutamente comportamenti di questo tipo. A fine giugno, un responsabile della scuola, alzò le mani su un allievo. Il direttore convocò una riunione di docenti durante la quale lo criticò. Dopo, dovette tenere un meeting con tutti i suoi allievi dove fece autocritica, dicendo che quell’atteggiamento era una conseguenza del suo metodo di lavoro sbagliato. Dopo la riunione gli allievi discussero della questione: “I pugni sono efficaci affinché i ragazzi correggano i loro errori?” Durante le discussioni animate, gli allievi raccontarono di come fossero stati picchiati dai genitori e dalle milizie nelle strade. Ciononostante, non avevano mai cambiato il loro atteggiamento, senza mai cedere ai colpi. Se si fanno dei progressi, questo è dovuto all’educazione e alla persuasione paziente dei maestri. Dopo la discussione, il docente violento fece pure un’autocritica davanti all’intera scuola riunita, così permettendo a tutti di avere una profonda conoscenza sulla questione.”

“L’ultimo semestre dello scorso anno scolastico, successe qualcosa nella scuola. Un nuovo allievo aveva fatto molti progressi. Più tardi venne eletto capoclasse. Un giorno, però, avendo suonato male la chitarra, venne preso in giro da un compagno, si arrabbiò, e lo buttò a terra. Poco dopo, riconobbe il suo errore davanti al maestro, che, invece di rimproverarlo, gli disse in modo incoraggiante: “Hai fatto dei progressi, dato che non l’hai anche picchiato”. Molto commosso, il ragazzo si mise a piangere. Si rese conto che il suo maestro lo conosceva come le sue tasche.”

“Ovviamente certi allievi li critichiamo e li sanzioniamo. Ad esempio, una sera di primavera di quest’anno, sette allievi scapparono dall’istituto ed entrarono in un cantiere. Là, fecero molti danni. Il loro agire ha infranto i regolamenti della scuola, e soprattutto ha attentato agli interessi del popolo. Abbiamo dovuto gestire la questione con severità. Quella notte, anche se gli allievi dormivano già, li riunimmo d’urgenza nel piazzale affinché i colpevoli facessero autocritica davanti a tutti i compagni e agli insegnanti.
Durante la riunione della direzione, questa criticò con forza gli allievi coinvolti. Questo li impressionò
profondamente, quando ora parlano di disciplina e di concezione collettivista, menzionano sempre questo episodio.
In poche parole, che noi lodiamo e ricompensiamo gli allievi, o che li critichiamo e sanzioniamo, lo scopo è sempre quello di educare.”


Amedeo Sartorio, 02.02.2016








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