lunedì 28 luglio 2014

Sul carattere socialista o meno dell'attuale società cinese.


Dire che la Cina attuale è un Paese socialista equivale ad una mistificazione del socialismo in modo riformista, lo stesso Partito Comunista Cinese ammette che "il Paese si troverà ancora a lungo in una fase di preparazione al socialismo".
Ma dire che la Cina è semplicemente capitalista è molto più mistificatorio e revisionista. 
I compagni che, in buona fede, hanno una simile posizione, non fanno altro che il gioco dell'imperialismo dominate, attaccando, a testa bassa e ad occhi chiusi, il più grande fronte di resistenza globale.
Che possano nascere dei dubbi sulla sincerità delle posizioni marxiste e leniniste e della strategia a lunga scadenza della maggioranza del PCC è più che lecito, ma attaccare il più grande partito operaio e contadino del mondo liquidandolo come, non solo capitalista, ma addirittura imperialista, è assolutamente controrivoluzionario, soprattutto se si analizza in modo oggettivo il sistema economico e politico cinese.
Io credo che la dirigenza cinese si richiami in modo fedele alla tradizione maoista, cioè a quella del marxismo e del leninismo applicato nella Cina novecentesca, arricchendolo con le giuste (quindi non il liquidazionismo tardo-sovietico) evoluzioni storiche di questa scienza. 
Se qualcuno ha il coraggio di dire che Mao non era comunista, ci provi pure, forse non ha bene compreso le basi dell'ideologia marxista, e se qualcun altro ha il coraggio di dire che l'attuale dirigenza del PCC e Mao non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro, gli consiglio di rileggersi almeno i testi che ho "linkato" alla fine del presente articolo.
Un sistema politico-economico simile a quello vigente in Cina è già esistito per breve tempo sotto Mao, con forme diverse. Si è tentato di sorpassarlo troppo in fretta, e si è arrivati a un risultato vicino all’"egualianza nella miseria" che ha ben poco di socialista economicamente parlando. Si era arrivati lì non tanto per gli errori tattici, quanto più per una sbagliata impostazione di partenza, la filosofia del "tutto e subito", e una difficile interpretazione di quelli che sarebbero stati i mutamenti globali e nazionali futuri.
Sappiamo tutti quali sono le condizioni per la costruzione del socialismo, e quali erano le condizioni materiali (non i diritti o il ruolo nella società!) dei contadini e degli operai cinesi alla vigilia delle riforme economiche, vediamo quindi che qualcosa è purtroppo andato storto, e che delle riforme erano fondamentali per la stessa esistenza della Repubblica Popolare.
Chi tenta però di liquidare decenni e decenni del movimento comunista cinese, non ha capito che senza quell'industrializzazione forzata di stampo stalinista e quell'ideologismo forzato, la Cina non avrebbe mai avuto le basi per persistere sulla via al socialismo, e sarebbe tornata colonia dell'Occidente. Bisogna quindi riconoscere il processo in toto, con errori e vittorie, e farlo proprio con orgoglio.


Ho parlato di Mao, perché spesso gli estremisti di sinistra tendono ad elogiare quelli che sono stati gli errori di Mao, e a dimenticare quelle che sono state le grandi vittorie di Mao, reinterpretando in modo dogmatico i testi più specifici ed appartenenti ad una ben precisa realtà storica e geografica, come se fossero una verità senza limiti di tempo o di spazio.
La critica e l'autocritica stanno alla base del movimento comunista, il dogmatismo invece non ha nulla a che vedere con il materialismo dialettico.
Ma allora, da una prospettiva "maoista", come è definibile la Cina? 
La Cina è una "democrazia di tipo nuovo", o, detto con parole un po' più classiche, ma più facilmente attaccabili dai feticisti del linguaggio borghesi, una "dittatura democratica".
La democrazia di tipo nuovo è un sistema politico-economico parzialmente interclassista dove i contadini, gli operai, la piccola borghesia e la borghesia nazionale (o patriottica) sono alleati in difesa degli interessi nazionali, ma sotto la guida sicura della classe operaia e quindi del Partito Comunista, che non si occupa dell'eliminazione delle classi antagoniste, ma fa in modo che esse, sotto il controllo ideologico, culturale, politico e macroeconomico del Partito Comunista, servano gli interessi globali del popolo cinese, per accrescere l'accumulazione di capitale collettivo, e per aver successo nella costruzione di un Socialismo reale, che non solo sopravviva agli attacchi interni ed esterni, ma che possa esercitare un'egemonia mondiale in tutti i campi, così da rendere inarrestabile l'avanzata globale verso la società di tipo nuovo. 
Concludo quindi questa breve riflessione tutt'alto che ben documentata, dicendo che in Cina vige un regime di democrazia di tipo nuovo, a guida comunista, in marcia verso il socialismo, e con lo scopo finale di costruire la società comunista.
Se questo si avvera dipende dal sostegno internazionalista che sappiamo dare ai compagni cinesi, dalla fermezza che il PCC riesce a tenere rispetto ai principi marxisti e leninisti (fondamentale la dura lotta alla corruzione e la formazione ideologica delle nuove generazioni) e dai risultati di un futuro scontro economico e/o militare tra due diverse visioni del mondo.





Amedeo Sartorio






http://giulemanidallacina.wordpress.com

http://www.lacinarossa.net

http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_7/sulla_nuova_dem.pdf

http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_11/su%20ditt%20dem%20pop.pdf

http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_12/cap_di%20_stat.pdf