giovedì 25 febbraio 2016

Eritrea: violazione dei diritti umani o propaganda di guerra?


Ci siamo sentiti ripetere fino alla nausea che l'Eritrea è una "prigione a cielo aperto", che è la "più terribile dittatura d'Africa", se non del mondo, e chi più ne ha più ne metta.
Questa propaganda di guerra diretta contro uno staterello la cui sola colpa è quella di volersi sviluppare in modo autonomo evitando lo strozzinaggio occidentale, viene portata avanti con particolare fervore da quella sinistra moderna sempre più liberale, più caritatevole -nell'accezione negativa, eurocentrica, del termine-, e sempre più attaccata al mantra dei diritti umani.
I "dirittoumanisti", quasi sempre in buona fede, ma privi di un metodo di analisi della realtà che sia definibile tale, si muovono come marionette alle dipendenze dei piani bellici e destabilizzatori della Casa Bianca o del Pentagono, rivelandosi essere la bassa manovalanza che prepara il terreno agli interventi militari imperialisti. Infatti, stranamente, nel mirino delle accuse si trovano quasi esclusivamente "paesi canaglia", canaglia da una prospettiva USA, naturalmente.
Gli esempi sono molteplici: il sostegno al colpo di Stato nazista in Ucraina, quello all'intervento militare in Libia, il sostegno alla "rivoluzione" siriana fin da subito guidata da movimenti jihadisti, la demonizzazione dell'Eritrea, il sostegno alla "causa tibetana",...
Tutte queste posizioni filoatlantiche e neocolonialiste, all'antitesi di qualcosa che sia anche solo vagamente di sinistra, sono giustificate da slogan come: "Yanukovic uccide la popolazione pacifica", "Gheddafi bombarda il suo popolo", "Assad è un terriibile dittatore assassino", "L'Eritrea è la peggiore dittatura del mondo", "La Cina occupa e opprime il Tibet".
Niente di ciò è vero, ma l'apparato mediatico legato ai centri di potere, così come le ONG* più grandi, pure loro legate a doppio filo agli interessi USA, riescono a far passare questi concetti grazie a una martellante propaganda sempre più basata sulle emozioni delle persone.
Ogni guerra è nata con delle menzogne, perché senza il sostegno, o addirittura con l'opposizione della popolazione, non è così facile entrare in guerra.
Oggi quelle menzogne si basano quasi sempre sul "salvare civili uccisi impunemente da un terribile regime", ed ecco che la poca conoscienza delle dinamiche economiche, geopolitiche e sociali, fa cascare nella trappola molta gente indignata da ciò che sente nelle notizie.

Ora torniamo però al titolo, e cioè all'Eritrea.
Sul mio blog ho già pubblicato alcuni articoli e interviste che chiariscono la realtà del paese, ma è notizia di poche settimane fa quella di un gruppo di parlamentari svizzeri che, di ritorno dall'Eritrea, hanno smentito le voci secondo cui il paese sarebbe la terribile dittatura che si vuol far credere.
Mi limito a trascrivere alcune dichiarazioni di politici svizzeri, insospettabili di simpatie bolsceviche, -ricordo che l'Eritrea è nata da una lungua guerra di liberazione nazionale portata avanti da guerriglie marxiste- ricordando che, e si ritorna al discorso di prima, l'unico esponente ad aver boicottato il viaggio è membro del Partito Socialista, che si chiede addirittura se il console onorario svizzero in loco non sia "stato pagato dal regime eritreo".



"La prima impressione non è veramente quella di una prigione a cielo aperto. Ho viaggiato talmente tanto che posso permettermi di comparare."

"Nelle alte sfere, e la cosa stupisce molto, non c'è corruzione."


"C'è un limite di 1 a 8 trai salari più alti e quelli più bassi dell'amministrazione governativa. Vi è questa idea totalitaria, ma anche egualitaria, un maggio '68 totalmente anacronistico nel mondo odierno. Ma queste persone, visto che sono oneste, sono convinte di avere ragione e sono sorpresi dalle critiche della comunità internazionale."

"Degli osservatori indipendenti che ho incontrato lo dicono restando nell'anonimato: il rapporto delle Nazioni Unite è tendenzioso."

"Ci sono state delle esagerazioni da parte delle ONG."

"La mia convinzione è che gli eritrei siano soprattutto migranti economici."

"La principale ragione per cui dei giovani partono è la mancanza di prospettive. Questi giovani guardano la tele, hanno internet, e hanno voglia di qualcosa di diverso dalla rivoluzione del nonno".

Claud Beglé (PPD)

fonte: http://www.24heures.ch/suisse/ong-exagere-erythree/story/29062656

 
"(Thomas Aeschi, UDC, n.d.r.) Come i suoi colleghi di viaggio, ritiene che l'Eritrea non è "l'inferno" dipinto dai vari rapporti internazionali, anche dell'Onu, e dai media."

"Come già dichiarato da Hochuli alla stampa domenicale, Aeschi, attualmente in India, in due interviste telefoniche all'ats e a Le Temps, sostiene in sostanza che la situazione nel Paese non fa pensare a uno Stato totalitario. Afferma di aver potuto discutere liberamente con la popolazione, reticente solo nel rispondere a domande relative a parenti in carcere."

"Per il consigliere nazionale (Aeschi, n.d.r.) un accordo di riammissione è realistico. Altrimenti non si spiega come migliaia di eritrei costretti da Israele in campi nel deserto preferiscano tornare nel loro Paese. La tortura non è sicuramente sistematica."

fonte: http://www.tio.ch/News/Svizzera/Politica/1070121/Aeschi-L-Eritrea-non-e-quell-inferno-che-tutti-raccontano


"Secondo la consigliera di Stato argoviese Susanne Hochuli (Verdi), le voci che corrono su questo paese africano costituiscono "una panzana occidentale". "L'Eritrea non è la Corea del Nord", ha sottolineato l'ecologista alla "SonntagsZeitung" dopo un sopralluogo nella regione."

fonte: http://www.tio.ch/News/Svizzera/Politica/1069573/Polemiche-attorno-a-un-viaggio-di-politici-svizzeri-in-Eritrea/


Questo è un passo avanti verso la normalizzazione da parte svizzera delle relazioni con Asmara, ma come sempre, la sinistra si è fatta sorpassare da altri, preferendo demonizzare un paese indipendente e progressista piuttosto che cercare il dialogo. (Forse qualcuno mangia sui migranti eritrei?)

Stiamo all'erta e non lasciamoci ingannare dalla propaganda di odio.
L'Eritrea potrebbe essere una delle prossime vittime dell'imperialismo, grazie anche al consenso di quei "dirittoumanisti" che parlano di pace ma favoriscono la guerra.

Amedeo Sartorio, febbraio 2016.




*Sulla natura faziosa di molte ONG rimando ad alcuni articoli emblematici pubblicati da sinistra.ch.

http://www.sinistra.ch/?p=2058 
http://www.sinistra.ch/?p=1627
http://www.sinistra.ch/?p=1991

martedì 2 febbraio 2016

Critica e autocritica: didattica socialista in una scuola cinese per giovani delinquenti. (1979)

Vi propongo alcuni aneddoti, molto significativi, riguardanti un centro di educazione sorvegliata (scuola per giovani delinquenti trai 13 e i 18 anni) situata nella Repubblica Popolare Cinese, risalenti alla fine degli anni ’70.
Ho tradotto dal francese dei brevi passaggi di un lungo dossier scritto da Zhou Zheng e apparso il 5 novembre 1979 sul numero 44 del settimanale Beijing Information.



“Gli è successo (ai docenti N.d.T.) di colpire i ragazzi, perché il comportamento di questi li esasperava. La scuola, però, non tollera assolutamente comportamenti di questo tipo. A fine giugno, un responsabile della scuola, alzò le mani su un allievo. Il direttore convocò una riunione di docenti durante la quale lo criticò. Dopo, dovette tenere un meeting con tutti i suoi allievi dove fece autocritica, dicendo che quell’atteggiamento era una conseguenza del suo metodo di lavoro sbagliato. Dopo la riunione gli allievi discussero della questione: “I pugni sono efficaci affinché i ragazzi correggano i loro errori?” Durante le discussioni animate, gli allievi raccontarono di come fossero stati picchiati dai genitori e dalle milizie nelle strade. Ciononostante, non avevano mai cambiato il loro atteggiamento, senza mai cedere ai colpi. Se si fanno dei progressi, questo è dovuto all’educazione e alla persuasione paziente dei maestri. Dopo la discussione, il docente violento fece pure un’autocritica davanti all’intera scuola riunita, così permettendo a tutti di avere una profonda conoscenza sulla questione.”

“L’ultimo semestre dello scorso anno scolastico, successe qualcosa nella scuola. Un nuovo allievo aveva fatto molti progressi. Più tardi venne eletto capoclasse. Un giorno, però, avendo suonato male la chitarra, venne preso in giro da un compagno, si arrabbiò, e lo buttò a terra. Poco dopo, riconobbe il suo errore davanti al maestro, che, invece di rimproverarlo, gli disse in modo incoraggiante: “Hai fatto dei progressi, dato che non l’hai anche picchiato”. Molto commosso, il ragazzo si mise a piangere. Si rese conto che il suo maestro lo conosceva come le sue tasche.”

“Ovviamente certi allievi li critichiamo e li sanzioniamo. Ad esempio, una sera di primavera di quest’anno, sette allievi scapparono dall’istituto ed entrarono in un cantiere. Là, fecero molti danni. Il loro agire ha infranto i regolamenti della scuola, e soprattutto ha attentato agli interessi del popolo. Abbiamo dovuto gestire la questione con severità. Quella notte, anche se gli allievi dormivano già, li riunimmo d’urgenza nel piazzale affinché i colpevoli facessero autocritica davanti a tutti i compagni e agli insegnanti.
Durante la riunione della direzione, questa criticò con forza gli allievi coinvolti. Questo li impressionò
profondamente, quando ora parlano di disciplina e di concezione collettivista, menzionano sempre questo episodio.
In poche parole, che noi lodiamo e ricompensiamo gli allievi, o che li critichiamo e sanzioniamo, lo scopo è sempre quello di educare.”


Amedeo Sartorio, 02.02.2016