martedì 16 dicembre 2014

L'Eritrea: la più sanguinaria dittatura africana, o un paeseindipendente e progressista? Parte prima, i 5 punti fondamentali delsistema eritreo.




Dell'Eritrea non se ne parla quasi mai, e quando ai nostri media torna in mente, è per ricordarci che si tratta di una sanguinaria dittatura, forse la peggiore al mondo, una "Corea del Nord Africana". 
Ho deciso quindi di studiare, per quanto possibile, il paese, e presentarvi una serie di brevi articoli sul mio blog, dato che le informazioni "alternative" sull'Eritrea in lingua italiana sono quasi pari a zero.





Prima invasa e colonizzata dall'Italia, poi annessa con la forza all'Etiopia semi-feudale di Selassie, poi rimasta sotto il controllo della giunta militare del Derk, prima sostenuta dai sovietici e poi passata dalla parte degli USA, l'Eritrea è riuscita a liberarsi dopo decenni di lotta armata e diventare infine un paese indipendente nel 1993.

Quando dopo la seconda guerra mondiale l'Eritrea venne annessa all'Etiopia, la convivenza risultò subito molto difficile, nell'Eritrea la borghesia italiana aveva investito parecchio, dunque era relativamente sviluppata, con industrie e un'agricoltura macchinizzata, mentre l'Etiopia era ancora un paese prettamente feudale, era dunque difficilmente accettabile per il proletariato e i contadini eritrei più politicizzati dei vicini etiopi, il sistema monarchico di Selassie.

Soli contro tutti portarono quindi a termine la loro rivoluzione di carattere prettamente socialista, e iniziarono a costruire un Paese che si basasse su 5 punti fondamentali.






Sicurezza alimentare. 
Perché se un popolo muore di fame non può certo diventare indipendente. 
Si è sviluppata così un'agricoltura irrigata con acqua piovana, aiutata da un complesso sistema di canali, e meccanizzata. I contadini possono utilizzare i trattori messi a disposizione dal governo, e la riforma agraria ha ridato a ogni contadino un appezzamento di terra sventando così la piaga del latifondismo. Sapendo che quello dell'agricoltore è un lavoro duro e con orari difficili, il governo ha aumentato gli aiuti ai contadini per ridurre il loro orario di lavoro e permetter loro di emanciparsi culturalmente nel tempo libero. La vita in Eritrea è certamente dura e modesta, ma nessun eritreo è uno scheletro vivente dalla pancia gonfia come nel resto del Corno d'Africa.

Accesso gratuito all'acqua potabile per tutti i cittadini. 
In Africa si rischia di morire di sete, come si rischia di morire a causa di malattie, gravi o meno, causate dal consumo di acqua sporca e stagnante o inquinata. Il governo eritreo, oltre ad esser riuscito a garantire il diritto al cibo e all'acqua, ha debellato parecchie malattie ancora diffuse nei paesi vicini, portando l'acqua potabile in ogni villaggio del Paese.

Sanità capillare e gratuita. 
Pur non avendo gli ospedali a cui siamo abituati noi svizzeri, l'Eritrea ha investito somme ingenti per creare un sistema sanitario capillare e funzionante formato da cliniche disseminate su tutto il territorio sempre in contatto con i molti ospedali. L'accesso alla sanità è poi assolutamente gratuito, mentre appena al di là del confine, in Etiopia, o sei uno dei pochissimi ricchi, o speri in qualche improbabile aiuto della Croce Rossa Internazionale, o sei morto. 

Educazione. 
Molti dirigenti africani hanno perso di vista il fatto che le sole risorse materiali non bastano a costruire un paese, e, anzi, più ne possiedi è più finirai sotto attacco dell'imperialismo. L'intero Corno d'Africa è ricco di materie prime sfruttabili e vendibili internazionalmente, e l'Eritrea sa che deve creare dei cittadini ben istruiti che non si lascino ingannare, e che sfruttino nel modo più corretto le risorse della collettività. L'Eritrea punta dunque molto sull'educazione per creare una propria classe dirigente, intellettuale, intraprendente che possa avanzar senza ingerenze esterne, e per fare in modo che ogni cittadino, dal più modesto contadino o operaio, sia ben formato per partecipare alla "cosa pubblica".

I rientri degli eritrei all'estero. 
Sono molti gli eritrei all'estero, partiti a causa della situazione di guerra perenne in cui vive il paese (moltissimi sono partiti parecchio tempo prima della rivoluzione, ma da noi li spacciano tutti come "vittime della dittatura Eritrea"), e il governo mette una piccola tassa sui guadagni percepiti all'estero, che va ad influire sulle casse dello stato, che a sua volta reinveste in opere sociale nel paese. La comunità estera, per la maggioranza molto legata al paese di origine e quindi ben propensa a cedere una piccola percentuale ai suoi connazionali, è quindi fondamentale per lo sviluppo del paese, che rifiuta gli "aiuti internazionali"




La serie sull'Eritrea continuerà con diversi articoli che ne tratteranno la storia, le sanzioni economiche occidentali, la guerra coi vicini, la visione geo strategica del Corno d'Africa e diversi altri temi, se riceveranno un buon riscontro da parte dei lettori e dei compagni, potrei approfondire maggiormente il tema con articoli più scientifici e documentati.

"Se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone oppresse e amare quelle che opprimono."  


Malcolm X


Amedeo Sartorio, 14.12.2014

martedì 11 novembre 2014

Cuba-USA: La storia di un soffocante embargo criminale.

Il 28 ottobre, all'Assemblea Generale dell'ONU, si è votata, per l'ennesima volta, la rimozione del blocco economico contro Cuba. Sui 193 paesi rappresentati, solo gli Stati Uniti d'America e Israele hanno votato contro, tre gli astenuti.
Ma tutti sanno cosa implica realmente l'embargo? 
Stando al diritto internazionale, è legale quello che fa il governo degli USA?
Ecco alcune informazioni concrete per capire meglio la questione e schierarsi a fianco di Cuba "senza se e senza ma".





Le prime sanzioni economiche contro Cuba furono messe dal presidente USA Eisenhower nel 1960, come reazione all'ondata di nazionalizzazioni intrapreso dal governo rivoluzionario dell'isola, e nel 1962 l'amministrazione democratica di Kennedy le ampliò a tutti i settori facendole diventare totali.
L'impatto fu terribile, dato che nel 1959, per ovvie ragioni geografiche e storiche, ben il 73% delle esportazioni erano verso gli Stati Uniti, e il 70% provenivano da quello stesso territorio.
Ora Cuba, a causa dell'embargo totale, non può più commerciare assolutamente nulla con il suo grande vicino. Solo dal 2000, a causa di pressioni da parte della lobby agricola nordamericana che cercava nuovi mercati per le sue eccedenze, Cuba può importare alcune materie prime alimentari a condizioni estremamente rigide.
Nel corso degli anni, la retorica diplomatica che giustificava l'inasprimento delle sanzioni economiche si è evoluta. Tra il 1960 e il 1990, per giustificare la loro politica ostile nei confronti dell'isola socialista, gli USA hanno prima ricordato il caso delle loro aziende espropriate, e poi hanno evocato l'alleanza con l'Unione Sovietica, l'appoggio alle guerriglie latinoamericane in lotta contro regimi militari sostenuti da Washington, e l'intervento militare cubano in Africa a sostegno delle lotte di liberazione nazionale.
Dopo il crollo del blocco socialista, gli USA, invece che normalizzare le relazioni con l'isola caraibica, hanno deciso di inasprire ulteriormente le sanzioni, invocando la necessità di ripristinare la democrazia e il rispetto dei diritti umani.
È nel 1992 che l'amministrazione Bush padre da una svolta alle sanzioni, andando a scontrarsi con il diritto internazionale. La legge Torricelli infatti oltre ad inasprire le sanzioni, da loro un carattere extraterritoriale Tuttavia il diritto internazionale vieta l'extraterritorialità di qualsiasi normativa nazionale, vale a dire che una legge non può venir applicata al di fuori dei confini nazionali. La legge svizzera non può venire applicata in Italia come la legge colombiana non può venir applicata in Venezuela. 
La legge Torricelli invece è estesa a tutti i paesi del mondo.
Ad esempio, dal 1992, a tutte le navi straniere, qualunque sia la loro provenienza, che entrano in un porto cubano, è vietato entrare negli Stati Uniti per i seguenti sei mesi. Questo fa in modo che le compagnie di navigazione che operano nella regione preferiscono evitare di commerciare con Cuba, per non venir escluse dal più grande mercato del mondo, e Cuba, circondata dall'acqua, deve pagare prezzi molto superiori a quelli di mercato per convincere le compagnie internazionali a consegnare merci sull'isola.
La legge Torricelli prevede pure sanzioni nei confronti di chi fornisce assistenza a Cuba, se un paese dà 100 milioni a Cuba, gli USA riducono di 100 milioni gli eventuali aiuti a questo paese.
Nel 1996, il Presidente Clinton, fece un giro di chiave, adottò la legge Helms-Burton, che oltre ad essere extraterritoriale, è anche retroattiva, quindi si applica pure ai fatti che sono accaduti prima che la legge esistesse.
Il diritto internazionale vieta che delle leggi siano retroattive, ad esempio se un paese adotta una legge che proibisce di fumare nei bar, non può andare a cercare e multare chi si era fumato una sigaretta in un locale quando era ancora legale farlo.
La legge Helms-Burton ha lo scopo di dissuadere molti investitori dallo stabilirsi a Cuba, per timore di rappresaglie da parte della giustizia statunitense, ed è molto efficace.
Per la legge americana, che ancora una volta viola il diritto internazionale, le imprese straniere insediate su un proprieta ormai nazionalizzata di Cuba, che al momento della nazionalizzazione era appartenente ad un cittadino di nazionalità cubana, devono venire punite.
Nel 2004 il presidente Bush ha creato la Commissione di Assistenza per una Cuba Libera, che ha imposto nuove sanzioni contro Cuba. Tra il 2004 e il 2009 i cittadini cubani residenti negli USA, sono potuti rimpatriare solo per due settimane ogni tre anni, nella migliore delle ipotesi, e solo col permesso del Dipartimento del Tesoro, e tutto questo solo provando che un parente stretto (genitori, nonni, fratelli e coniugi, esclusi invece zii, cugini, nipoti,...) vive sull'isola, e spendendo al massimo l'equivalente di 50$ al giorno. Sempre in questi 5 anni è stato ridotto a 100$ l'importo mensile massimo che un cubano residente negli USA può inviare ad un parente a Cuba, e se questo parente è iscritto al Partito Comunista, l'importo si riduce a zero.

Nel 2006 le sanzioni e il loro carattere extraterritoriale vengono ancora intensificate, un produttore di automobili tedesco per commerciare con gli USA deve provare di non aver utilizzato nemmeno un grammo di nichel cubano, e un produttore italiano di dolci deve dimostrare che il suo cibo non contenga nemmeno un po' di zucchero cubano. In questo modo gli esportatori di tutto il mondo devono scegliere, o commerciano con Cuba, o con gli Stati Uniti. Allo stesso modo, un cittadino statunitense che consumi un prodotto cubano in qualsiasi parte del mondo, rischia una multa fino a un milione di dollari e 10 anni di prigione.
L'embargo tocca anche il campo della salute, l'80% dei brevetti medici è stato depositato da multinazionali farmaceutiche nordamericane, e quindi i relativi farmaci non possono arrivare sull'isola, creando problemi alla popolazione nonostante l'avanzato sistema sanitario del paese socialista.
Tra il 2007 ed il 2009 molte banche occidentali (Barclays Bank, Bawag,..) hanno dovuto chiudere i conti ai clienti cubani per non dover rinunciare ai rapporti con gli USA, e la svizzera Credit Suisse è stata multata di 536 milioni di dollari dal Dipartimento del Tesoro per aver effettuato tradizioni finanziarie con Cuba, come pure l'olandese ING, 619 milioni di dollari di multa.
Secondo recenti sondaggi (era il 64% nel 2009), la maggioranza dei cittadini USA è contrario all'embargo, come pure la Camera di commercio, il New York Times, e gli ex presidenti Carter e Clinton, non certo organi e persone rivoluzionarie.
Più del 70% dei cubani sono nati sotto le restrizioni dell'assedio economico, quando finirà questa politica irrazionale che va sì contro gli interessi dei cubani, ma pure contro quelli degli statunitensi? Come mai paesi come gli USA e Israele continuano ad infrangere il diritto internazionale senza conseguenze, mentre altri vengono sanzionati o bombardati appena sgarrano (e molto spesso non sgarrano nemmeno)?
L'imperialismo va combattuto e sconfitto, ed oggi è rappresentato dagli Stati Uniti, da Israele, e dai regimi a loro affiliati.


 Amedeo Sartoro, 11 novembre 2014





Non trattandosi di un documento accademico, ma di un semplice articolo, non ho trovato necessario citare le fonti, ma ho fornito nomi di disegni legislativi e date, quindi potrete verificare voi stessi con una semplice ricerca online l'attendibilità delle informazioni. Ho pure omesso alcune sanzioni o fatti, concentrandomi sulle cose più eclatanti e più reperibili.

lunedì 28 luglio 2014

Sul carattere socialista o meno dell'attuale società cinese.


Dire che la Cina attuale è un Paese socialista equivale ad una mistificazione del socialismo in modo riformista, lo stesso Partito Comunista Cinese ammette che "il Paese si troverà ancora a lungo in una fase di preparazione al socialismo".
Ma dire che la Cina è semplicemente capitalista è molto più mistificatorio e revisionista. 
I compagni che, in buona fede, hanno una simile posizione, non fanno altro che il gioco dell'imperialismo dominate, attaccando, a testa bassa e ad occhi chiusi, il più grande fronte di resistenza globale.
Che possano nascere dei dubbi sulla sincerità delle posizioni marxiste e leniniste e della strategia a lunga scadenza della maggioranza del PCC è più che lecito, ma attaccare il più grande partito operaio e contadino del mondo liquidandolo come, non solo capitalista, ma addirittura imperialista, è assolutamente controrivoluzionario, soprattutto se si analizza in modo oggettivo il sistema economico e politico cinese.
Io credo che la dirigenza cinese si richiami in modo fedele alla tradizione maoista, cioè a quella del marxismo e del leninismo applicato nella Cina novecentesca, arricchendolo con le giuste (quindi non il liquidazionismo tardo-sovietico) evoluzioni storiche di questa scienza. 
Se qualcuno ha il coraggio di dire che Mao non era comunista, ci provi pure, forse non ha bene compreso le basi dell'ideologia marxista, e se qualcun altro ha il coraggio di dire che l'attuale dirigenza del PCC e Mao non hanno nulla a che vedere l'uno con l'altro, gli consiglio di rileggersi almeno i testi che ho "linkato" alla fine del presente articolo.
Un sistema politico-economico simile a quello vigente in Cina è già esistito per breve tempo sotto Mao, con forme diverse. Si è tentato di sorpassarlo troppo in fretta, e si è arrivati a un risultato vicino all’"egualianza nella miseria" che ha ben poco di socialista economicamente parlando. Si era arrivati lì non tanto per gli errori tattici, quanto più per una sbagliata impostazione di partenza, la filosofia del "tutto e subito", e una difficile interpretazione di quelli che sarebbero stati i mutamenti globali e nazionali futuri.
Sappiamo tutti quali sono le condizioni per la costruzione del socialismo, e quali erano le condizioni materiali (non i diritti o il ruolo nella società!) dei contadini e degli operai cinesi alla vigilia delle riforme economiche, vediamo quindi che qualcosa è purtroppo andato storto, e che delle riforme erano fondamentali per la stessa esistenza della Repubblica Popolare.
Chi tenta però di liquidare decenni e decenni del movimento comunista cinese, non ha capito che senza quell'industrializzazione forzata di stampo stalinista e quell'ideologismo forzato, la Cina non avrebbe mai avuto le basi per persistere sulla via al socialismo, e sarebbe tornata colonia dell'Occidente. Bisogna quindi riconoscere il processo in toto, con errori e vittorie, e farlo proprio con orgoglio.


Ho parlato di Mao, perché spesso gli estremisti di sinistra tendono ad elogiare quelli che sono stati gli errori di Mao, e a dimenticare quelle che sono state le grandi vittorie di Mao, reinterpretando in modo dogmatico i testi più specifici ed appartenenti ad una ben precisa realtà storica e geografica, come se fossero una verità senza limiti di tempo o di spazio.
La critica e l'autocritica stanno alla base del movimento comunista, il dogmatismo invece non ha nulla a che vedere con il materialismo dialettico.
Ma allora, da una prospettiva "maoista", come è definibile la Cina? 
La Cina è una "democrazia di tipo nuovo", o, detto con parole un po' più classiche, ma più facilmente attaccabili dai feticisti del linguaggio borghesi, una "dittatura democratica".
La democrazia di tipo nuovo è un sistema politico-economico parzialmente interclassista dove i contadini, gli operai, la piccola borghesia e la borghesia nazionale (o patriottica) sono alleati in difesa degli interessi nazionali, ma sotto la guida sicura della classe operaia e quindi del Partito Comunista, che non si occupa dell'eliminazione delle classi antagoniste, ma fa in modo che esse, sotto il controllo ideologico, culturale, politico e macroeconomico del Partito Comunista, servano gli interessi globali del popolo cinese, per accrescere l'accumulazione di capitale collettivo, e per aver successo nella costruzione di un Socialismo reale, che non solo sopravviva agli attacchi interni ed esterni, ma che possa esercitare un'egemonia mondiale in tutti i campi, così da rendere inarrestabile l'avanzata globale verso la società di tipo nuovo. 
Concludo quindi questa breve riflessione tutt'alto che ben documentata, dicendo che in Cina vige un regime di democrazia di tipo nuovo, a guida comunista, in marcia verso il socialismo, e con lo scopo finale di costruire la società comunista.
Se questo si avvera dipende dal sostegno internazionalista che sappiamo dare ai compagni cinesi, dalla fermezza che il PCC riesce a tenere rispetto ai principi marxisti e leninisti (fondamentale la dura lotta alla corruzione e la formazione ideologica delle nuove generazioni) e dai risultati di un futuro scontro economico e/o militare tra due diverse visioni del mondo.





Amedeo Sartorio






http://giulemanidallacina.wordpress.com

http://www.lacinarossa.net

http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_7/sulla_nuova_dem.pdf

http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_11/su%20ditt%20dem%20pop.pdf

http://www.bibliotecamarxista.org/Mao/libro_12/cap_di%20_stat.pdf





venerdì 21 febbraio 2014

Destra, sinistra, e il feticismo del linguaggio.



Di questi tempi sono sempre di più le voci che si aggiungono al coro di chi afferma che non esista più la destra e non esista più la sinistra: dalla Lega dei Ticinesi e i Verdi nel nostro Cantone, a Grillo e le realtà cosiddette "rossobrune" (un termine ambiguo che non mi piace) in Italia. 
Pur non difendendo questa visione semplicistica e anti ideologica, che spesso nasconde brusche virate a "destra" da parte dei diretti interessati, bisogna ammettere che non hanno tutti i torti, ed ora cercherò di spiegarne il perché.

Il significato di una parola varia a seconda della concezione del mondo che si fa propria e del contesto storico. 
Ad esempio, per un comunista e per un neoconservatore, la parola libertà avrà un significato diverso, se non diametralmente opposto. 
Per il comunista il patriota siriano che lotta contro le ingerenze straniere nel suo Paese, sta lottando per la libertà del suo popolo rispetto all'imperialismo. Per il neoconservatore invece, il "ribelle" che attacca il patriota siriano, sta lottando per la libertà del suo popolo rispetto alla "dittatura" di Assad, o almeno così vorrà farci credere.
Per quanto riguarda il contesto storico, le parole possono assumere un diverso significato con il passare del tempo, poiché i sistemi politici, i rapporti di produzione, gli usi e i costumi, sono in costante mutamento.
Tenete dunque presente che io analizzo il mondo e la storia da una prospettiva marxista e leninista, e vivo nel 2014 nella Svizzera Italiana.


È ora d'obbligo fare una piccola analisi storica per capire come sia nata, evoluta, ed entrata nell'uso corrente la dicotomia destra/sinistra.
Quando scoppiò la Rivoluzione Borghese in Francia, alla fine del diciottesimo secolo, la fazione che all'interno del Parlamento sedeva a sinistra del Presidente, rappresentava quella piccola borghesia democratica, laica, fortemente anti monarchica e parzialmente aperta alle classi lavoratrici, mentre a destra sedeva la fazione che difendeva gli interessi della grande borghesia e degli aristocratici "illuminati".
Il primo scontro nella storia tra destra e sinistra è quindi stato quello tra i giacobini vicini a Robespierre, la sinistra che detenne il potere nei primi anni della Rivoluzione, e l'ala borghese ostile ad un allargamento dei diritti sociali ad altre classi meno agiate.
Il concetto di destra e sinistra si è poi applicato a Cavour in contrapposizione con Mazzini e Garibaldi, come ad altre realtà nazionali, ciascuna con le proprie peculiarità e classi di riferimento, ma sempre legando la sinistra a chi più rappresentava i diseredati della terra, e destra a chi più rappresentava i privilegiati.
È con la Rivoluzione Sovietica, il diffondersi del marxismo e l'entrata delle masse operaie nella scena politica, che destra e sinistra hanno cominciato a diventare metri di misura universali.
Allora era molto più chiaro cosa fossero destra e sinistra. 
I conservatori che difendevano il capitalismo e gli interessi della classe borghesia erano la destra, i progressisti che lottavano per la Rivoluzione socialista e rappresentavano gli interessi delle grandi masse lavoratrici erano la sinistra. 
Si aggiunse allora l'aggettivo "estrema" per indicare alcune anomalie. 
Il fascismo a prima vista usciva dai normali canoni di valutazione, ma se se ne analizzava la composizione di classe, si vedeva che era di destra, a favore della borghesia, ma estrema, perché utilizzava metodi terroristici per prendere e conservare il potere capitalista.
Così come gli anarchici potevano essere definiti estrema sinistra per i metodi poco ortodossi e per l'estremismo controproducente del "tutto o niente", sebbene si schierassero sinceramente con gli operai e per il rovesciamento del sistema capitalista.
Con il crollo del Socialismo Reale, all'inizio degli anni '90 del secolo scorso, molti partiti tradizionalmente di sinistra, a partire dal Partito Comunista Italiano, hanno intrapreso un percorso di "borghesizzazione", in realtà già cominciato decenni prima, andando ad abbracciare idee liberali o moderatamente socialdemocratiche.
Siamo dunque arrivati ad oggi, dove partiti che erano di sinistra, continuano a dichiararsi di sinistra sebbene non lo siano più. 

Ma perché non lo sono più? Cosa è oggi la sinistra?

Per i comunisti la sinistra rimane quella di classe, rivoluzionaria, che rappresenta gli interessi delle classi lavoratrici, cioè, di chi non detiene nessun mezzo di produzione. Questo naturalmente, con tutte le eccezioni dettate dalla frammentazione di classe giunta a livelli mai visti nella storia, che renderebbe necessario l'addentrarsi a fondo nell'analisi delle classi sociali esistenti e il loro ruolo all'interno della società attuale.
La sinistra è quindi, secondo la mia concezione, e senza presunzione, quella che vuole sorpassare il capitalismo e creare la società nuova, non più basata sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
Questa è la sinistra di oggi, ed è purtroppo ridotta, nell'Europa centrale, ai minimi termini.
C'è poi l'altra fazione, la destra, cioè la fazione borghese, o meglio, rappresentante degli interessi della borghesia, dato che riesce ad ingannare lavoratori che militano nelle sue fila, che a sua volta si divide al suo interno tra destra e sinistra.

Ora prendiamo l'esempio dell'Italia attuale, analizzando due grandi fazioni "antagoniste", cioè l'attuale centrosinistra e l'attuale centrodestra, senza impantanarsi nella complicata analisi del Movimento 5 Stelle, molto variegato.
Il Partito Democratico si dice di sinistra, ma rappresenta gli interessi di grandi industriali, macella i diritti sociali nel nome dell'Europa, cala le braghe di fronte agli interessi degli USA, sostiene nuove guerre imperialiste, e chi più ne ha più ne metta. 
Dunque, secondo un'analisi di classe, non è affatto di sinistra, anzi, è di destra.
Tuttavia, a causa della sua storia e di alcuni elementi interni al partito ancora socialdemocratici, è più aperta ai diritti civili, più laica, più tollerante della destra ufficiale, e rare volte, difende posizioni realmente di sinistra. Si può dunque dire che è l'ala sinistra della destra di classe.
La destra, ora smembrata, ma che possiamo comunque riunire intorno alla figura di Berlusconi, fa esattamente le stesse porcherie, ma ha una cultura più chiusa, più bigotta, più razzista. Ciononostante appaiono ovvie alcune contraddizioni, che spingono a non preferire nessuno dei due schieramenti, almeno a livello nazionale e di dirigenza, altra cosa sono le realtà comunali.
Berlusconi, la destra, era amico di Putin e di Gheddafi, spesso difesi, soprattuto per il ruolo anti statunitense e a favore di un mondo multipolare, dalla sinistra di classe, mentre la sinistra ufficiale, quella collaborazionista, è assoggettata dagli USA in maniera pazzesca, e Obama, il più grande criminale del mondo, viene spacciato per uomo di sinistra dalla cultura dominate.
Bisogna dunque fare un'ulteriore distinzione tra destra e sinistra, differenziandosi per "settore". 
Uno può essere socialmente di destra (diritti civili e/o diritti sociali interni alla Nazione), ma geopoliticamente di sinistra (contro l'imperialismo egemone), o viceversa. E sto ancora semplificando in modo estremo.
Capiamo adesso che diventa una cosa molto complicata da analizzare, e, soprattutto, da trasmettere alle masse.
Per questo ha in parte ragione chi dice che destra e sinistra non esistono più. In realtà esistono eccome, ma forse sarebbe meglio abbandonare questi termini, o, allora, spiegarli chiaramente e in modo semplice, ridando loro nuova linfa, ma per questo ci vorrebbe un'egemonia culturale da parte della sinistra di classe.

Tutto dipende dalle parole, da come si interpretano le parole, per questo nel titolo parlo di feticismo del linguaggio.

Credo che oggi i termini di analisi della realtà politica non possano più essere destra/sinistra, sia perché queste parole vengono storpiate e decontestualizzate, sia perché la società presenta molte più sfumature di un tempo, e qualcuno può anche praticare politiche di sinistra in un settore, ma di destra in un altro, ad esempio Putin che ha bloccato un intervento militare organizzato in Siria, ma che reprime i diritti degli omosessuali.
Bisogna tornare ad un'analisi puramente di classe, rispolverando i classici del marxismo, dal "Lavoro Salariato e Capitale" di Marx, all'"Imperialismo Fase Suprema del Capitalismo" di Lenin.

Concludendo vorrei dunque aggiungere che slogan o etichette che parlano in modo generale di "sinistra" non li trovo né attrattivi, né concreti, poiché, in questo contesto storico e a queste latitudini, la parola sinistra viene purtroppo associata ai partiti ex-socialdemocratici ormai trasformatosi a pieno titolo in partiti liberisti che hanno mandato in rovina l'Europa, riducendo i diritti dei lavoratori, privatizzando, e facendosi "sodomizzare" dalle banche.

La parola d'ordine devono essere in primo luogo LAVORO e SOVRANITÀ.
Questi sono i reali problemi dei paesi europei di oggi, Svizzera compresa.


Amedeo Sartorio, consigliere comunale per il Partito Comunista a Brione sopra Minusio.

venerdì 7 febbraio 2014

In memoria del compagno Chávez: le vittorie della RivoluzioneBolivariana in Venezuela. Un elenco di risultati che non possono esseremessi in discussione.


Tra poche settimane, il 5 marzo 2014, si celebrerà il primo anniversario della morte di Hugo Chávez Frías, presidente socialista del Venezuela, spentosi prematuramente a causa di un cancro. 
Considerando lo spessore della ricorrenza, mi sono sentito in obbligo di presentarvi questo piccolo lavoro, con un po' di anticipo sul calendario, nella convinzione che possa servire a tutti i comunisti e a tutti i socialisti di sinistra per semplificare la difesa pubblica della Rivoluzione Boliviariana in Latinoamerica, e sviluppare i sentimenti progressisti alle nostre latitudini.

I media occidentali lo hanno definito un dittatore, un populista, un estremista, un opportunista, spesso addirittura un fascista. Ora vi dimostrerò, con dati concreti e di semplice lettura, che Hugo Chávez non ha fatto altro che portare benefici alla stragrande maggioranza dei venezuelani, come nessun altro è riuscito a fare in nessuna parte del mondo negli scorsi
decenni. 
Chi lo nega, o è in malafede, o è ignorante. 
Ora sta a voi valutare la portata delle riforme.


Non è mai accaduto nella storia dell'America Latina, che un leader politico abbia avuto una legittimità democratica così totale ed indiscutibile. Dal 1999, in Venezuela ci sono state 16 consultazioni elettorali, e Chávez ne ha vinte 15. Ha sempre battuto gli avversari con 10-20 punti percentuali di scarto e tutti gli organismi internazionali, dall'UE all'Organizzazione degli Stati americani, dall'Unione delle Nazioni sudamericane al Centro Carter, hanno unanimemente riconosciuto la trasparenza nel conteggio dei voti. Secondo Jimmy Carter, ex presidente USA, quello venezuelano è il miglior sistema elettorale del mondo.
L'accesso all'istruzione per tutti, introdotto nel 1998, ha prodotto risultati eccezionali. Circa un milione e mezzo di venezuelani hanno imparato a leggere e a scrivere grazie alla campagna di alfabetizzazione denominata Misión Robinson 1, al punto che nel 2005 l'UNESCO ha dichiarato il Venezuela territorio libero dall'analfabetismo.
Il numero di bambini che frequentano la scuola è stato portato da 6 milioni nel 1998 a 13 milioni nel 2011, e per portare tutta la popolazione adulta al livello di istruzione secondario (in Ticino licenza di scuola media), è stata lanciata la Misión Robinson 2. In questo modo, la scolarizzazione nell'insegnamento secondario, è passata da 53,6% nel 2000 a 73,3% nel 2011.
Per quanto riguarda le università, sono stati molti i nuovi stabilimenti costruiti dal Governo Bolivariano, e per mezzo delle Misiones Ribas e Sucre, si è data la possibilità a centinaia di migliaia di giovani di intraprendere studi universitari. Dagli 895'000 studenti universitari del 2000, si è arrivati a 2,3 milioni nel 2011.
Per quanto riguarda la salute, è stato creato il Sistema Nazionale Pubblico che garantisce il libero accesso alle cure sanitarie per tutti i venezuelani. Tra il 2005 e il 2012 sono nati 7'873 centri medici in Venezuela, e il numero di medici è passato da 20 ogni 100'000 abitanti nel 1999, a 80 ogni 100'000 abitanti nel 2010, si tratta quindi di un aumento del 400%.
Il tasso di mortalità infantile è sceso dal 19,1 per mille del 1999 al 10 per mille nel 2012, con una riduzione del 49%. Nello stesso periodo l'aspettativa di vita è passata da 72,2 anni a 74,3 anni.
Grazie alla Operción Milagro nata nel 2004, 1,5 milioni di venezuelani affetti da cataratta o da altre patologie oculari hanno riacquistato la vista.
Dopo l'istruzione e la sanità passiamo alla povertà. Dal 1999 al 2011, il tasso di povertà è passato da 42,8% al 26,5%, e il tasso di povertà estrema è passato dal 16,6% nel 1999 al 7% nel 2011.
Il coefficiente di GINI, che serve a calcolare la disuguaglianza economica tra diversi soggetti di un Paese, è passato da 0,46 nel 1999 a 0,39 nel 2011, quello venezuelano è il coefficiente di GINI più basso dell'America Latina.
Il tasso di malnutrizione infantile è stato ridotto del 40% dal 1999 ad oggi, ed ora il 95% dei venezuelani ha l'accesso all'acqua potabile, nel 1999 la percentuale era dell'82%, non a caso durante l'era Chávez le spese sociali sono aumentate del 60%.
Prima del 1999 solo 387'000 anziani  percepivano una pensione. Ora sono 2,1 milioni. 
Dal 1999 ad oggi sono state costruite 700'000 nuove case in Venezuela, e il governo a Donato più di un milione di ettari di terreno alle popolazioni aborigene del paese.
Nel 1999, il Venezuela produceva il 51% degli alimenti che consumava. Nel 2012, la produzione è stata del 71%, contando che il consumo globale dei venezuelani è aumentato dell'81% dal 1999.
Grazie alle nuove catene di negozi statali, 22'000 stabilimenti, con prezzi scontati, in media, del 30%, dal 1999 ad oggi la quantità di calorie consumate dai venezuelani è raddoppiata e il consumo di carne è aumentato del 75%. Circa cinque milioni di bambini oggi ricevono pasti gratuiti a scuola, erano 250'000 nel 1999, e la percentuale di malnutrizione è scesa dal 21% nel 1998 al 3% (!) nel 2012. Secondo la FAO il Venezuela è il paese americano che ha fatto più sforzi  per combattere la fame.
Passando ad altro, grazie alla nazionalizzazione del settore petrolifero, il Venezuela rivoluzionario ha conquistato la sua sovranità energetica. La nazionalizzazione del settore elettrico e delle telecomunicazioni ha messo fino alla situazione di monopolio e ha permesso l'accesso a questi servizi da parte di tutti.
Dal 1999, sono state create più di 50'000 cooperative in tutti i settori dell'economia, e il tasso di disoccupazione è passato dal 15,2% del 1998, al 6,4% nel 2012, il che equivale alla creazione di 4  milioni di posti di lavoro. 
Il salario minimo mensile è passato dall'equivalente di 16 dollari del 1998, a 330 dollari nel 2012, vale a dire un incremento di oltre il 2'000%. Quello venezuelano è salario minimo più alto dell'America Latina.
Nel 1999, il 65% della forza lavoro percepiva il salario minimo. Nel 2012 soltanto il 21,1% dei lavoratori è a questo livello di retribuzione.
L'orario di lavoro è stato ridotto a 6 ore giornaliere e 36 settimanali, a parità di retribuzione.
Il debito pubblico è passato dal 45% del PIL nel 1998 al 20% nel 2011 e il Venezuela si è ritirato dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale.
Nel 2012 il tasso di crescita del Venezuela è stato del 5,5%, trai più alti al mondo, e il PIL pro capite è passato da 4'100 dollari nel 1999, a 10'810 dollari nel 2011.
I Venezuela offre un supporto diretto al continente americano maggiore di quello degli Stati Uniti. Nel 2007, Chávez ha speso 8'000 milioni di dollari in sovvenzioni, prestiti e aiuto energetico, contro i soli 3'000 milioni dell'amministrazione Bush, e la creazione di Petrocaribe nel 2005 permette a 18 Paesi dell'America Latina di acquistare petrolio scontato fino dal 40% al 60%.
Per la prima volta nella sua storia il Venezuela dispone di satelliti propri ed eccelle nel campo della tecnologia spaziale, tutto il territorio è ricoperto da internet e telefono.
La creazione dell'ALBA ha gettato le basi per un progetto di integrazione e sviluppo sociale in tutta l'America Latina e grazie al CELAC i paesi latinoamericani si sono resi sempre più indipendenti da USA e Canada. 
Oltre a tutti questi meriti sociali quasi esclusivamente interni al Venezuela, Chávez si è battuto contro tutte le guerre di aggressione imperialiste, dall'Afganistan alla Libia, ed è stato un personaggio cardine nel processo di pace in Colombia, il cui ruolo fondamentale è stato riconosciuto, con tanto di ossequi, dal presidente colombiano Santos.

Mi sono concentrato soprattutto sugli aspetti sociali interni al Paese, non ho citato tutte le vittorie e tutte e riforme, ma solo quelle che mi sembravano più significative o di cui ho trovato dati affidabili. In realtà i successi sono ancora maggiori.

Viva Venezuela! 
Viva il Comandante Chávez! 
Viva il Socialismo!


Amedeo Sartorio, consigliere comunale a Brione sopra Minusio per il Partito Comunista della Svizzera Italiana (Partito Svizzero del Lavoro), febbraio 2014.